Alla campagna Albania-Grecia fu destinato il corpo di spedizione del quale faceva parte anche la Divisione “Julia” e quindi il 9° Alpini e perciò anche il Battaglione Vicenza.
Quando il 28 ottobre 1940 iniziò l’attacco alla Grecia, il “Vicenza” era già dislocato sul confine nella zona di Germeni, donde mosse in direzione di Amarantos, proseguendo poi in condizioni atmosferiche disastrose fino alla Vojussia in piena.
La brutta piega assunta dalla disgraziata campagna di Grecia costrinse tutti i reparti a compiere inauditi sacrifici ed il “Vicenza” si distinse in queste durissime imprese , particolarmente a Sella Kristobasileo e sul tormentato fronte di S. Atanasio.
Anche nel successivo periodo di generale ripiegamento, la “Julia” ebbe il compito di concorrere all’arresto dell’offensiva ellenica ed il “Vicenza” insieme con “L’Aquila” si distinse per eroismo e valore tra Frasheri e la Vojussia, sul Chiarista e sulla linea tra il M. Scindeli ed il Golico.
Rientrato in Italia nell’aprile del 1942 il Battaglione fu approntato per partecipare alla nuova avventura sul fronte russo, con quadri quasi del tutto rinnovati.
Lasciata Gorizia a metà agosto e raggiunta in tradotta Izijm, in riva al Donez, il Battaglione proseguì con una lunga marcia di quasi trecento chilometri fino al Don dove si schierò sulla riva destra del fiume.
All’inizio della seconda decade di dicembre cominciò la grande offensiva russa che impegnò anche il Corpo d’Armata Alpino.
Il “Vicenza” operò in clima di gelo polare nella zona di Krinitschnaia, sulle alture ad occidente del quadrivio di Selenyi-Jar e nella depressione di Belogorzew, dove gli Alpini, pur con immani sacrifici, riuscirono a ristabilire le linee tedesche sfondate dai russi.
Ma il giorno 30 dicembre un’ondata poderosa di carri armati nemici si scatenò come una furia, alla quale si oppose in impari lotta il sovrumano valore degli Alpini. Infiniti atti di eroismo si compirono in quei giorni, finché l’urto russo si spostò a nord travolgendo la linea tenuta dagli Ungheresi.
Pertanto venne l’ordine di ritirarsi, ma questo solo il 16 gennaio quando cioè la situazione si era fatta disperata.
Crudelmente assottigliato, il “Vicenza” iniziò allora la tragica ritirata, sostenendo continui combattimenti e muovendo penosamente per Kopanki e Samoilenkov fino a Lessnitschanski, dove un ennesimo e travolgente attacco di carri armati russi distrusse quasi completamente gli ultimi resti del Battaglione ormai quasi disarmati ma di certo affamati e stremati dal gelo.
Il calvario non era però ancora finito per i pochi superstiti che, a fine gennaio 1943, si aprirono nuovamente la via con le poche armi disponibili contro grosse formazioni partigiane, finché riuscirono a congiungersi con la colonna della Tridentina, condividendone le ultime durissime vicende.
Il Battaglione sarebbe dovuto rientrare in Patria dalla Russia, per il cambio, nel 1943 e in questa attesa, nel 1942, un comitato di donne vicentine ricamò le drappelle per le sue quattro compagnie: ma il “Vicenza” non tornò a casa, fu distrutto.
Queste drappelle sono conservate presso la sede della Sezione di Vicenza dell’Associazione Nazionale Alpini, al Torrione degli Alpini in Viale d’Alviano.